16 settembre 2007

La Residenza alternata (Relazione della Commissione Parlamentare francese sulla Famiglia)




La relazione che segue è di tutta attualità poiché figura nel rapporto della Commissione d’Inchiesta Parlamentare sulla Famiglia e sui Diritti dei Bambini (rapporto del gennaio 2006).


Questo testo sulla residenza alternata è stato presentato al Parlamento, al Presidente della Commissione d’Inchiesta, il Deputato Patrick Bloche, dalla Sig.ra Pascaline Saint-Arroman Petroff, che coadiuva il Presidente nazionale della “Giustizia Parità Genitoriale”, Jean-Claude Francois.


SULLA NECESSITA’ DELLA RESIDENZA ALTERNATA PER IL BUON SVILUPPO DEL BAMBINO IN CASO DI SEPARAZIONE DEI SUOI GENITORI


Abbiamo assistito in Europa, nel corso degli ultimi 40 anni, ad un’evoluzione legislativa la cui caratteristica essenziale è l’interesse del bambino.
Il bambino ha oggi una posizione del tutto centrale nelle nostre società moderne.
La Convenzione Internazionale dei Diritti del Bambino (artt. 7, 9, 10 e specialmente 18), ratificata dalla Francia il 7 agosto 1990, ha stabilito il principio del diritto dei bambini ad essere allevati dai loro due genitori ed ha imposto la conservazione delle relazioni personali con ciascuno di essi; l’art. 18 precisa anche che i due genitori hanno una responsabilità comune nell’allevare e nell’assicurare il loro sviluppo.

Si è dovuto attendere la legge del 4 marzo 2002 perché in Francia fosse consacrato il principio della bi-genitorialità:
il diritto del bambino di essere effettivamente educato e protetto dai suoi due genitori, anche quando essi sono separati.
Correlativamente vi è l’obbligo per ogni genitore di rispettare il legame del bambino con l’altro genitore.

L’interesse preminente del bambino diventa dunque la regola, come raccomandava insistentemente la Corte Europea.

In effetti il legislatore precisa che:
Sia il padre che la madre devono mantenere relazioni personali col bambino e rispettare il suo legame con l’altro genitore (art. 373-bis, comma 2 del Codice Civile).
In questo spirito la residenza alternata è apparsa come il mezzo migliore per garantire una vera bi-genitorialità, la sicurezza vitale per il bambino della conservazione del doppio legame genitoriale.
L’alternanza non è dunque una modalità accessoria di organizzazione della residenza del bambino di genitori separati, bensì la soluzione elettiva, da privilegiare:
la residenza del bambino può essere fissata in alternanza presso il domicilio di ciascun genitore o presso il domicilio di uno di essi (art. 373-bis, comma 9, 1° alinea, del Codice Civile);
il giudice può anche ordinare a titolo provvisorio una residenza alternata di cui determina la durata.
Al termine di questa statuirà definitivamente sulla residenza del bambino in alternanza presso il domicilio di ciascun genitore o presso il domicilio di uno di essi (2° alinea dello stesso art.).
Essendo il principio della bi-genitorialità consacrato per rispondere ai bisogni del bambino il criterio fondamentale per fissarne la residenza è diventato, evidentemente, l’attitudine di ciascun genitore ad assolvere i suoi doveri e rispettare i diritti dell’altro (art. 373-bis, comma 11, 3° alinea del Cod. Civ.).
L’interesse del bambino non è più subordinato a quello degli adulti ed i bisogni affettivi ed educativi del bambino non sono più tributari dei legami di coppia.
Cancellare l’unione coniugale è legittimo, cancellare l’unione genitoriale costituisce un divieto imprescrittibile: la perennità del legame del bambino con i suoi due genitori è diventata un diritto fondamentale per il bambino.
La mediazione deve allora giocare un ruolo essenziale per responsabilizzare i genitori, aiutandoli a costruire la loro separazione “intorno” al bambino e preservandolo.
Come dare, nella pratica, un quadro di riferimento educativo e sociale al bambino se il quadro famigliare della presenza al suo fianco dei suoi due genitori separati è fittizio?

La realtà è pertanto un’altra.
I sondaggi d’opinione mostrano che la Francia sperimenta una crisi d’identità, che le famiglie non sono più il luogo di trasmissione dei valori, si riscopre il ruolo genitoriale e ci si appella sempre più alla responsabilizzazione dei genitori.
In Francia, nelle grandi città, una coppia su due si separa; una su tre come media nazionale, al pari della media europea.
Ma come garantire il ruolo di genitore quando uno dei due non è autorizzato, con la complicità della giustizia, ad intervenire puntualmente nella vita del bambino?
Pertanto tutte le ricerche scientifiche neonatali dimostrano l’importanza della presenza e del ruolo di ogni genitore, dalla nascita, per il buon sviluppo del bambino, anche se oggi una minoranza di psicologi o psichiatri infantili oppongono resistenza, ritenendo ancora che i bambini siano una “cosa da donne” in nome di un’obsoleta “teoria del primo attaccamento”.


Si tratta di un vero problema sociale che necessita che le mentalità progrediscano ed i genitori richiamati alla ragione.
Il modello dominante nel 75% dei casi resta ancora la residenza dei bambini affidata alla madre.
Quando le coppie elaborano la loro separazione seguendo, per esempio, una mediazione, nell’80,7% dei casi fanno omologare dal giudice un regime d’alternanza, restando chiaro che in caso di figli naturali e di accordo fra i genitori o di rapporti amichevoli dopo la pronuncia del divorzio, i genitori non necessariamente adiscono il giudice per farli omologare, il che incrementa, perciò, la percentuale.
(“Studi e Statistiche giudiziarie” n. 23, febbraio 2004).
Di conseguenza i trattati e la prassi giudiziaria sono arretrati rispetto alla vita delle persone.
Rispondere all’interesse del bambino significa tener conto dell’evoluzione della società:
i genitori oggi si alternano presso il bambino, i padri utilizzano massicciamente i congedi di paternità; il bambino, dal canto suo, è abituato ai suoi due genitori; la relazione triangolare è apportatrice di grandi progressi nella costruzione della sua personalità.

Ci occorre un diritto adatto alla realtà sociale ed alle scoperte scientifiche, e non più alle ideologie giudaico-cristiane, specialmente del 19° secolo.
Ed a buon diritto si è turbati mano a mano che il tasso di divorzi e separazioni continua ad aumentare e che le conseguenze sono pesanti per il bambino e sul piano sociale: concedere ad uno dei genitori la residenza esclusiva significa metterlo in una situazione di pre-potere: egli diventa, agli occhi del bambino e della società, il genitore principale; ciò torna a svuotare di senso lo stesso esercizio dell’autorità genitoriale.
L’altro genitore, principalmente il padre, non è che un genitore secondario, depositario del diritto di visitare il suo bambino.
Con un fine-settimana su due (1, 3, 5) ed un mercoledì su due (2, 4) diventa il “genitore-uscite-feste-giochi”, non più il “genitore (specificamente ‘padre’) educativo”; per lo stesso bambino ha perso tutta la sua credibilità di genitore.
Egli è spesso ignorato dall’istituzione scolastica, non è preso in considerazione nei criteri di assegnazione delle case popolari, non beneficia di sussidi previdenziali.
In più, il bambino vive sempre “il taglio” come un abbandono affettivo.
Si è ben lontani dal rispondere all’interesse del bambino...
Ciò non è neppure nell’interesse delle donne, che divengono allora il “genitore castigamatti” e devono assumersi una responsabilità tanto più schiacciante quanto più il bimbo è piccolo, vedendosi onerate di tutti i compiti considerati “materni”.
Ciò non è nell’interesse della società:
più di 1.700.000 bambini vivono in nuclei mono-parentali.
Peraltro è significativo ricordare che il 92% delle donne sole con bambini lavorano (...) contro l’87% delle donne in coppia.

Un terzo dei bambini finiscono per perdere ogni legame con l’altro genitore (nell’85% dei casi il padre)
Il rischio sociale, il costo sociale che ne risultano possono essere troppo pesanti per la nostra società.
I ritardi od insuccessi scolastici, i problemi esistenziali, di emarginazione, di suicidio, di devianza, di droga sono spesso la conseguenza della perdita dei riferimenti d’identità dei più giovani, senza contare l’effetto di replicazione per ciascuna e ciascuno del proprio vissuto.

E’ tempo di applicarsi seriamente a questa problematica, le cui ripercussioni condizioneranno la nostra società di domani.

Riconoscere che la conservazione del legame genitoriale è un diritto per il bambino ed un dovere per il genitore significa che il principio dell’alternanza s’impone: resta solo, allora, da organizzarne le modalità (assimilare la residenza alternata ad una settimana per ciascun genitore è un equivoco: più il bambino è piccolo e più il ritmo dell’alternanza deve essere corto; e l’alternanza non significa obbligatoriamente uguaglianza di tempi).

Dell’interesse alla residenza alternata dei bambini piccoli.

Per la sua tenera età il bambino ha bisogno dei suoi due genitori e la bi-genitorialità deve praticarsi dalla nascita del bambino, essendo la relazione triangolare “primordiale”.

Il congedo parentale contribuisce, da questo punto di vista, a responsabilizzare i padri ed a far evolvere le mentalità.
Il padre e la madre, interpretando ciascuno il ruolo proprio del loro sesso, ciascuno con le proprie caratteristiche, la propria personalità, i propri pregi e difetti, sono rappresentati entrambi nel loro comune bambino, come la fusione dell’ovulo e dello sperma. Il bambino porta in sé elementi dei due genitori. Il “sé” (la personalità del bambino) deve la sua struttura e sostanza (si potrebbe anche dire la sua essenza) ai suoi due genitori, come spiega Jean Marc Delfieu, psichiatra, perito presso la Corte d’Appello di Nimes (Rivista dei Periti n. 67, giugno 2005).

In passato si assumeva la relazione a due (diade) fra la madre ed il suo bambino come prioritaria; oggi i risultati della ricerca pre-natale in neonatologia c’informano che il bambino si trova, dopo il concepimento, in una relazione a tre (triade).

E’ già durante la gravidanza, quindi nella sua fase intra-uterina, che il bambino percepisce suo padre (per esempio attraverso le sensazioni della madre o la voce paterna).

Ed è proprio perché durante il primo anno della sua vita la simbiosi madre-bambino è di un’intensità del tutto particolare che il ruolo del padre si rivela essenziale.
Il bambino ha bisogno di lui per strutturarsi e cancellare la “relazione fusionale naturale”.

Il tasso delle malattie – quali problemi ansiosi, depressioni, problemi relazionali – è significativamente più elevato fra gli adulti il cui padre non è stato sufficientemente presente durante i primi 6 anni di vita.

Fra il 50% ed il 70% degli uomini e delle donne ne subiscono le conseguenze ancora nell’età adulta, scrive questo psichiatra specializzato nei problemi della separazione e dei conflitti giudiziari, nella sua stessa qualità di perito forense.
Le indagini recenti contenute nel rapporto Godet-Sullerot riferiscono ancora:

Le sofferenze subite dai più piccoli rivestono un ruolo primario nei percorsi che conducono alla vita di strada.
Alain Bruel, il vecchio presidente del Tribunale dei Minorenni di Parigi, nel 1998 precisava che la paternità è il legame strategico nella prevenzione dei troppo numerosi rischi sociali.
Ed il legame col padre deve essere permanente per essere reale quanto quello con la madre.
I ruoli sono differenti e devono essere preservati dalla nascita.
Il “padre frammentario” significa la perdita del riferimento all’”autorità”, fondamentale, pertanto, nella costruzione della personalità del piccolo, essendo il padre la “forza d’opposizione” al legame fusionale con la madre (dato psicologico fondamentale).
Gli psichiatri infantili americani, basandosi su lavori scientifici, spiegano anche che è soprattutto nei primi 9 mesi di vita che il neonato prova una forte angoscia di essere separato d sua madre o da suo padre (Lamb 96, Main e Weston 1981), e che bisogna esigere che il lattante non possa attaccarsi ad una sola persona.

Per contro, il genitore che “s’investe” di più diviene il principale attaccamento.
Jean Le Camus, …in psicologia, ricercatore nel campo della psicologia infantile, ricorda che è fin dall’inizio e durante tutta l’infanzia che la madre ed il padre devono essere presenti e coinvolgersi, ciascuno a suo modo, come dei veri co-autori della strutturazione psico-affettiva e dello sviluppo del loro bambino (Il vero ruolo del padre – Edizioni Jacob, 2000).

Per altro verso, Elisabeth Fivaz Depeur-Singe in “99” parla del triangolo primario esistente durante la gravidanza:
Non è più possibile sostenere che la funzione del padre non tragga legittimazione se non dalla benevolenza della madre, che questa funzione non abbia efficacia che a partire dai 18 mesi o nel momento in cui il bambino è entrato nella fase edipica.
Si tratta di affermazioni convenzionali non sottoposte alla verifica dell’esperienza clinica. Non c’è un’”era” della madre e poi un’”era” del padre durante la quale prevarrebbe il bisogno d’autorità.
Ad eccezione dell’allattamento non c’è prova che le donne siano biologicamente predisposte ad essere genitori migliori dei padri.

Sono le convenzioni sociali e non gli imperativi biologici che fondano la divisione tradizionale delle responsabilità genitoriali (Lamb).

Si tratta d’idee ereditate, che costituiscono un piano ideologico che si sovrappone alla realtà psicologica (Geneviève Delaisi de Perseval).
I padri cambiano. Essi hanno, con i loro bambini, contatti carnali, sensuali, e non temono più la loro parte considerata femminile. E’ una rivoluzione: un papà che dice “ha fame” che ha saputo identificarsi col suo bambino per comprenderlo. Ciò scardina anche il mito della virilità tradizionale, che vuole che ci s’identifichi con uno più forte di sé, in una posizione fallica. L’universo del bambino non è più unicamente materno ed egli ha tutto da guadagnarci. Questo non è che un inizio, ma va incoraggiato.

(I padri non hanno più paura della loro parte femminile – Maryse Vaillant, psicologa clinica).

La modalità della residenza alternata deve fondarsi prioritariamente sulla vita del bambino prima della separazione

Quando i due genitori lavorano il bambino, in generale, vive l’alternanza:
al mattino: papà; nel tardo pomeriggio: mamma; alla sera: entrambi, oppure l’asilo [in Francia è diffuso quello condominiale – n.d.t.], o la tata o la nonna.
Perciò, evidentemente, ogni sistema rigido dev’essere scartato.
Alternanza non significa una settimana presso ogni genitore.
Ogni bambino, ogni famiglia è unica.
E’ d’obbligo tener conti del ritmi del bambino stesso: della sua vita sociale (orari del nido, della tata), della sua vita famigliare: comportamenti di ciascuno dei suoi genitori prima della separazione, orari dei genitori, distanza delle case; ed i suoi stessi ritmi: ritmo alimentare, del sonno.
Tutti i protagonisti giudiziari devono prestarvi attenzione ed applicarsi seriamente al vissuto del bambino: il lattante deve poter vedere ciascun genitore il più spesso possibile.

Per esempio: per una mamma infermiera che fa dei turni è preferibile che il giudice assegni al padre l’alternanza che il bambino viveva quando c’era la vita in comune, piuttosto che favorire il ricorso a terzi (asilo o tata).

E d’altronde, in generale, l’alternanza ruota di giorno in giorno.
Studi americani mostrano che più il bambino è piccolo e più ciò gli è favorevole (maggiore capacità d’adattamento).
In Svezia il sistema è generalizzato, come in molti Stati degli Stati Uniti ed i risultati sono: meno conflitti genitoriali, riduzione del sovraccarico dei tribunali (= sicura economicità), molto meno bambini perturbati.

Tanto è vero che se l’alternanza è il sistema per principio l’onnipotenza legata alla residenza esclusiva, il bisogno di possesso del bambino d parte del “genitore assoluto” sparisce, per forza di cose.
Lo studio sociologico di G. Neyrand per la Cassa Nazionale Assicurazione Malattie, nel 1990, conclude indiscutibilmente sul primato della residenza alternata per l’equilibrio psicologico, educativo ed affettivo del bambino.

L’alternanza praticata dal giudice Rudolph (molto mediata) in Germania (egli chiede ai genitori di conservare il sistema anteriore alla separazione e, mancando l’accordo, glielo impone) ha risultati benèfici (distensione, poi scomparsa del conflitto genitoriale) (Statistiche di commissione).


Le divergenze educative fra i genitori: un problema?

Si tratta di un falso problema.
In tutte le coppie vi sono divergenze, non foss’altro che perché ciascun genitore è portatore di un suo proprio vissuto.
Senza contare le divergenze politiche, religiose, sociali che sono anche, in genere, fonte di arricchimento.
Quando la coppia conserva la sua relazione sentimentale nessuno s’interroga sulle differenze d’opinione dei genitori nel crescere i loro bambini.
Qual è la coppia convivente sotto lo stesso tetto in cui non si trova un genitore più attento a seguire nei compiti alla sera, per esempio, sia esso la madre od il padre? o in cui uno dei due è più permissivo dell’altro?

Quando la coppia si separa non sarà l’alternanza che costituirà un problema per la protezione del bambino ma proprio la conservazione del rapporto con ciascuno dei suoi genitori.
Ed il problema si pone negli stessi termini quando il bambino vede uno dei suoi genitori solo un week-end su due ed un mercoledì su due, per esempio: il bambino avrà certo due modelli di vita.
Ogni genitore trasmette sempre, per definizione, i propri principi educativi al suo bambino. Principi che divengono proprio le regole fondamentali di vita quando c’è il conflitto genitoriale.
Non bisogna nascondersi la realtà: è quasi una questione di sopravvivenza per ciascun genitore.
Allora il bambino è ancor più frustrato dalla disuguaglianza dei ruoli genitoriali.

Egli non concepisce di avere un genitore principale ed uno secondario nel quotidiano.

Non si deve mai dimenticare che egli ama i suoi due genitori e rispetterà sempre le regole educative di ciascuno dei suoi genitori (libero di avere il diritto di guardare la televisione alla sera presso l’uno e di accettare il divieto presso l’altro, per esempio).
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (2a Sezione) nella sua sentenza del 3 novembre 2005 contro la Francia (ricorso n. 61162100: concezioni religiose differenti fra genitori), ricordando lo scopo prioritario rappresentato dall’assunzione del preminente interesse del minore, sottolinea chiaramente la necessità per i bambini di conservare un’immagine “sufficiente” del loro padre in quanto educatore e che le scelte educative del padre siano tenute in considerazione allo stesso livello di quelle della madre (scelte molto divergenti).

Preservare le libere scelte del bambino tenendo conto dei rispettivi principi educativi dei due genitori, senza esprimere giudizi di valore, è sicuramente una soluzione saggia.

E’ interessante, d’altronde, rilevare che in questa sentenza si fa notare che:
Il rapporto sull’indagine sociale ha fatto emergere, specificamente, che G. e M. sembravano a loro agio nei due universi dei loro genitori ed assimilavano, poco a poco, il fatto di avere due case. Ciò non può che confermare la nostra analisi.

L’avere due case sarà destabilizzante?

La permanenza del [doppio – n.d.t.] contesto di vita è gravosa per lo sviluppo armonioso del bambino?
Si tratta, ancora una volta, di un falso problema.
Il nido, la tata, la nonna: dalla nascita il neonato vive residenze alternate, senza che nessuno si preoccupi – giustamente – di sapere se è sballottato o meno.
La varietà di luoghi è, dalla notte dei tempi, la sua vita.
L’importante per preservare la stabilità del bambino sono i suoi due genitori.
Sono essi i suoi pilastri, i suoi riferimenti.
La stabilità del bambino significa vigilare a che la sua famiglia persista dopo la separazione e specialmente le madri hanno potuto riconoscere, quando il bambino vive l’alternanza, che “vi si ritrova”, ci spiega Jean Le Camus.
Neyrand De Singly e Decup-Paimer dimostrano che le nostre lagnanze sono largamente infondate purché ci si basi su un assunto innovativo: quello della necessaria unitarietà psichica del bambino, per la quale si constata che essa dipende meno dalla realtà materiale che dalla realtà psichica.

Da lavori americani risulta che la percezione dei piccolissimi che vivevano l’alternanza era impressionante.
L’importante è preservare l’ambiente sensoriale del bambino: per S. Gyampino l’odore dei genitori, … , la nanna, sono il mondo del lattante.
E che non si venga a dire che la residenza alternata costa più cara i genitori!
Il mero genitore con diritto di visita deve, al pari del genitore in alternanza, predisporre un ambiente di vita per ricevere il suo bambino, un minimo di guardaroba, di giocattoli, ecc..

La vicinanza delle abitazioni è d’obbligo?


E’ intorno alla scuola del bambino che l’alternanza deve essere costruita e, prima della scolarizzazione, intorno all’asilo o al nido.
Accompagnare il proprio bambino ad un asilo professionale può implicare i relativi tempi di tragitto.
La vicinanza delle abitazioni genitoriali non può essere una condizione per l’alternanza; per contro – dicono i canadesi – può essere una condizione favorente.
Il criterio più realistico è che il tempo di tragitto non sia per il bambino fonte di affaticamento.
In realtà è necessario disporsi sempre all’ascolto del proprio bambino; parecchie volte è il bambino stesso che impone l’alternanza: attraversare tutta Parigi è ben poca cosa se riesco a conservare sia papà che mamma.

La mediazione necessaria

La legge subordina ancora la mediazione all’accordo delle parti.
E’ dunque fuori questione, per il giudice - perlomeno a livello letterale – l’imporla. Egli può, nondimeno, incentivare i genitori a prestarvisi e spesso il giudice fa, giustamente, pressione sui due genitori perché accettino il provvedimento.
E’ un primo passo.
Tuttavia, perché non imporre la mediazione come un pre-requisito per l’azione giudiziaria, come in Canada, per esempio? i tribunali sarebbero deflazionati; i genitori sarebbero costretti a reimparare a dialogare.

La mediazione costituisce un vero aiuto per la genitorialità.
Il conflitto genitoriale è spesso legato alla sofferenza della separazione, al timore di perdere la propria identità di buon genitore (la pressione sociale è sempre più forte, specialmente per le madri).
Preservare la permanenza della coppia genitoriale, malgrado la separazione, s’impara.

I professionisti della mediazione sanno sempre meglio responsabilizzare i genitori, i quali arrivano così a costruire la loro separazione.

L’età del bambino, sorprendentemente, non è quasi mai il problema in mediazione, allorquando i genitori, al tempo della convivenza, si davano fiducia… il tasso dell’80,7% di residenze alternate esistenti [riferito alle richieste congiunte – n.d.t.] è ciò che ci dovrebbe far seriamente riflettere.
Che le madri socialmente emarginate nel loro ruolo materno accettino malvolentieri l’alternanza dopo la separazione, è un’evidenza e non si può restarvi indifferenti: il bisogno di appropriazione del bambino è una realtà.
Ciò può essere vissuto, tuttavia, come un’occasione da cogliere, perché la “rottura” [degli equilibri, del sistema – n.d.t.] apre le porte ad una maggiore uguaglianza uomo-donna.
Che i padri abituati a coccolare quanto le madri rifiutino di essere tagliati fuori dal loro bambino per il solo fatto della separazione, è altrettanto comprensibile.
Solo la mediazione permette di sradicare il bisogno di possesso nell’interesse del bambino: egli ne è il vero vincente.
La mediazione è costosa? Costa meno di una relazione del servizio sociale o di una perizia psicologica, indagini che non appianano i problemi!
Bisogna essere realisti: l’una delle parti può bloccare la mediazione, soprattutto se ha scelto il giudice per disciplinare il conflitto.
Ed allora è spesso troppo tardi.
L’imporla preliminarmente, a discrezione del giudice, evidentemente terrebbe il conflitto fuori dall’àmbito giudiziario.

A livello europeo

La Corte di Strarsburgo è stata indotta ad applicarsi ai problemi legati all’esercizio della potestà genitoriale. Per un genitore ed il suo bambino, lo stare insieme rappresenta un elemento fondamentale.
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo:
8 luglio 1987: Regno Unito
24 marzo 1988: Svezia
22 giugno 1989: Svezia
25 febbraio 1992: Svezia
26 maggio 1994: Olanda
7 agosto 1996: Norvegia
9 giugno 1998: Italia
16 settembre 1999: Italia
19 settembre 2000: Francia

La giurisprudenza è costante. La Corte usa sempre il concetto di “obblighi positivi”.

Ogni Stato deve propriamente elaborare ed adottare tutte le misure per ricongiungere il genitore ed il bambino – sentenza Erikson dell’’89 (Svezia).
Beninteso, la Corte ricorda che non è suo compito sostituirsi agli Stati in materia di disciplina dell’alloggiamento, ma si riserva un potere di controllo in nome del superiore interesse del bambino (custodia-collocamento).

Lo spazio degli altri

Gli altri sono il “genitore acquisito” [nuovo partner del genitore naturale – n.d.t.] il nonno e tutte le persone che si occupano del bambino.
La legge del 2002 è molto lacunosa rispetto alle proposte della Commissione Dekeuwer-Defossez: questo è molto deplorevole.
Essa ha certo modificato i principi del conferimento della potestà genitoriale, favorendo specialmente, sotto il controllo del giudice, la condivisione della potestà genitoriale fra il genitore delegatario e quello delegante.
Ma ciò non risponde all’evoluzione della società, né al problema del bambino che vive in una o due famiglie ricostituite.

Oggi 1,6 milioni di ragazzi al di sotto di 25 anni sono coinvolti nella ricomposizione famigliare ((INSEE Première 2003 n. 901) ed il numero di famiglie ricomposte non smette di aumentare (aumento del 10% fra il 1990 ed il 1999 (INSEE indagine sulla storia famigliare).

Un “genitore acquisito” non ha oggi alcuno status giuridico.
Egli non ha diritto di fare alcunché riguardo al bambino, benché partecipi quotidianamente alla sua educazione.
Non si tratta affatto di arrogarsi i diritti ed i doveri della madre e del padre, che sono una prerogativa fondamentale che non va toccata in nessun modo.
Piuttosto, possono essere delegati al “genitore acquisito” i piccoli gesti della vita quotidiana, di modo che ciò riceva un riconoscimento giuridico dalle istituzioni, come, per esempio, la scuola, il medico.
Quando si sono stabiliti forti legami affettivi fra il bambino ed il terzo, nell’interesse stesso del bambino, dovrebbe essere previsto per legge l’accordargli il diritto di visita e di ospitalità nel caso di separazione dei genitori ricostituiti.
A maggior ragione quando nascono bambini dalla coppia ricostituita ed il figlio di primo letto – del quale, in seguito alla separazione, si è organizzato il collocamento [presso la famiglia ricostituita – n.d.t.] – si sente strappato dal “genitore acquisito” cui si era attaccato.
Sono dei veri e propri legami fraterni che vengono distrutti quando i due genitori d’origine hanno avuto di nuovo dei figli.
Il grande perdente delle separazioni è sempre il bambino: bisogna porre fine a ciò facendo evolvere, se occorre, le mentalità.
Sarebbe allora necessario prevedere nel Codice Civile, per i genitori acquisiti, il diritto di poter beneficiare delle visite o dell’ospitalità, sotto il controllo del giudice, poiché dev’essere considerato solo l’interesse del minore.
Si tratterebbe solo di una possibilità basata esclusivamente sulla qualità dei rapporti costruiti fra il parente ed il bambino.

L’assegno di mantenimento

E’ del tutto inesatto sostenere che con l’alternanza non vi è più assegno alimentare per il bambino.
Tutti i professionisti dell’infanzia potranno confermare che, per definizione, si deve tener conto del tenore di vita materiale del bambino.
Se i redditi dei genitori sono abbastanza uguali non vi è assegno per il bambino: i genitori, allora, si accollano le spese per il bambino per la metà (scuola, attività extra-scolastiche).
Per contro, se vi è disparità di situazione economica fra i genitori, il bambino avrà diritto – e dovrà sempre averlo – ad un assegno alimentare, affinché il suo tenore di vita sia simile presso ciascun genitore.
E’ del tutto inesatto ritenere che l’alternanza sia un sistema doppiamente oneroso per i genitori.
Palesemente i doppi alloggi, giocattoli, abiti, camere si propongono negli stessi termini allorquando uno dei genitori non gode che di un week-end su due e della metà delle vacanze scolastiche.

Ciò pone un problema di costi per la società, non foss’altro che per la necessità del doppio alloggio.
Nondimeno, è necessario prendere in considerazione anche il problema di costi sociali generato dalle difficoltà del bambino, tagliato fuori da uno dei suoi genitori (problemi di ritardo scolastico, psicologici e di benessere – si veda la delinquenza).
Per contro, al di là del problema in sé della residenza, urge che si stabiliscano dei parametri ufficiali per evitare le attuali disparità degli assegni di mantenimento fissati a seconda dei tribunali e – più grave ancora – secondo l’ideologia dei giudici.
In più ciò contribuirebbe a limitare in modo considerevole parecchi conflitti.
La constatazione che possiamo fare è che la Francia è in ritardo.

Conclusioni e proposte

L’essere titolare della potestà genitoriale, come l’avere l’affidamento del figlio, si risolve, per il figlio, in un raggiro se, nel quotidiano, egli si ritrova privato di uno dei suoi genitori.
Da questo punto di vista la legge del 4 marzo 2002 deve essere migliorata.
Essa valorizza certo le residenza alternata, in questo senso corrisponde a ciò che praticano i genitori responsabili ed all’evolvere della società verso la modernità.
Nondimeno, essa non riesce a vincolare l’apparato giudiziario nella sua globalità, che, in modo ancora maggioritario, resta ancorato al principio del genitore collocatario e di quello con diritto di visita, contrariamente allo stesso interesse del minore, in nome del quale, purtuttavia, esso sempre delibera.
E’ ormai tempo, sull’esempio dei Paesi democratici avanzati, che il superiore interesse del minore sia rivalutato e che finalmente il principio dell’alternanza sia sancito e divenga la regola giuridica e sociale, in quanto rispondente al diritto del minore ad avere i suoi due genitori, anche se separati, così che la residenza esclusiva divenga l’eccezione, sotto il controllo del giudice (dovendo applicarsi il criterio del genitore più idoneo a tutelare l’immagine dell’altro, a rispettarne i diritti).
E’ ormai tempo che la Giustizia affidi il minore al genitore più idoneo a preservare la figura dell’altro, senza alcun sessismo, quando l’alternanza si riveli impossibile.
E’ ormai tempo che tutte le violazioni dell’esercizio condiviso della potestà genitoriale possano essere sanzionate, per richiamare all’ordine il genitore recalcitrante.
S’impone urgentemente la previsione del reato di ostacolamento all’esercizio condiviso della potestà genitoriale, con un sistema di sanzioni pecuniarie e di orientamento alla mediazione.
Parimenti, devono darsi disposizioni affinché gli esposti sulle omissioni nella consegna dei minori o nella corresponsione degli assegni siano sistematicamente protocollati ed istruiti (Commissariati di Polizia).

A livello di case popolari o di contributi per l’affitto è ora che dei minori si tenga conto nella valutazione dei redditi del genitore non affidatario e che ciascun genitore sia considerato come avente il minore a carico, a prescindere dal collocamento.

In materia di trasporti pubblici ciascun genitore deve poter beneficiare dell’agevolazione per nucleo numeroso.
In caso di allontanamento di uno dei due genitori per scelta di vita, deve essere sancita l’inversione del collocamento presso l’altro genitore, al fine di responsabilizzare i genitori e dare un senso alla bi-genitorialità.
La mediazione deve essere generalizzata (imposta?) in occasione delle separazioni e soprattutto pregiudizialmente a tutte le scelte del giudice.
Si attendono con urgenza dei parametri ufficiali per determinare l’ammontare degli assegni di mantenimento.

Pascaline Saint-Arroman Petroff
Avvocato presso la Corte
Parigi, dicembre 2005


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