21 gennaio 2008

La mediazione familiare resta una scommessa da giocare con convinzione



Uno strumento utilizzato in modo inadeguato e scarsamente incentivato dalla legge 54/2006 che non ha promosso un passaggio obbligatorio per le coppie in disaccordo.
Articolo di Marino Maglietta tratto da FAMIGLIA E MINORI GUIDA AL DIRITTO - Il Sole 24 Ore - Editoriale di Gennaio 2008

La mediazione si è affermata da tempo come uno tra i più efficaci strumenti di supporto al sistema giudiziario per la gestione delle controversie che insorgono nei diversi contesti della vita familiare - e non solo -, poiché consente alle parti di riappropriarsi della gestione del conflitto che essi stessi hanno generato e di individuare con l’ausilio di un mediatore, quale parte terza, le sue migliori soluzioni.
In Italia questo strumento è tuttora inadeguatamente praticato e scarsamente incentivato da una legge, quella sull’affidamento condiviso, che non ha osato promuovere un passaggio preliminare obbligatorio presso un centro di mediazione per le coppie in disaccordo, che permettesse loro di valutare con conoscenza di causa le potenzialità di un eventuale percorso, limitandosi a una blanda segnalazione alle coppie da parte del giudice, a lite iniziata, che oltre non viene quasi mai effettuata.
Il quadro è completamente diverso in molti altri Paesi, come ad esempio, l’Argentina, dove la mediazione viene praticata estesamente dal 1995. Una recentissima indagine scientifica ivi condotta dal dipartimento di Psicologia dell’università di Padova (Turchi, Gherardini) riferisce dati per noi impensabili. Nella sola città di Cordoba operano 445 mediatori, attivi in vari ambiti (familiare, civile, penale, commerciale) nel 2006 sono state svolte circa 6.000 mediazioni familiari, un numero enorme rispetto alla situazione dell’Italia, dove pure il tasso di separazioni è intorno al 27 per cento, contro il 15 per cento circa dell’Argentina. Qui il varo di progetti nel settore è continuo e i legami tra mediazione e diritto strettissimi. Ad esempio, è stato istituito il Centro giudiziario di mediazione, che dipende dalla Corte suprema di giustizia. D’altra parte, la mediazione è pensata come strumento di soluzione delle controversie del tutto generale, e la Scuola nazionale di mediazione, al momento allo stadio di progetto, farà capo al ministero della Giustizia e curerà la formazione di competenze professionali adatte a gestire ogni tipo di conflitto tra i cittadini. Del resto, l’origine stessa dell’interesse argentino per la mediazione documenta per quel Paese una brillante capacità di intuizione nei confronti dei problemi più impellenti. L’introduzione della mediazione trae origine, infatti, dalle carenze dello Stato rispetto alla necessità di coprire l’elevato numero di richieste di giustizia della popolazione. Consapevole di non farcela da solo, il potere giudiziario, ha di fatto reso necessario lo sviluppo di modalità alternative di gestione dei conflitti e oggi, a fronte di una diffusione precipua e di una pratica continua, la mediazione ha assunto in Argentina rilevanti connotati culturali e sociali.

Una riflessione critica, tuttavia, sembra essere in corso attualmente in Italia, che si è già concretizzata nella proposta di introdurre il passaggio presso un centro di mediazione quale condizione di procedibilità per la separazione (Pdl 2231, Costantini, Mura), e in una organica e accurata definizione dei profili professionali del mediatore familiare, che ne definisce i requisiti, le competenze, i percorsi di formazione, gli ambiti di intervento; e, soprattutto, che prevede l’attivazione di servizi di mediazione familiare ad ampia diffusione.

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