27 settembre 2010

Perché l'Affido Condiviso ha bisogno della Doppia Residenza (DDL 43)



La pari dignità genitoriale nelle coppie separate è senz'altro uno degli elementi fondanti della legge 54/2006 sull'Affido Condiviso: questo nuovo istituto si basa proprio su un equilibrio dei tempi di trascorrenza del figlio con i due genitori. Rendere i tempi equilibrati significa inevitabilmente far venir meno uno dei principi, forse il fondamentale, sul quale si fondava l'isituto dell'affido monogenitoriale precedente: il bambino di genitori separati non avrà più una sola casa, ma si alternerà tra la casa di babbo e quella di mamma.
Insistiamo su questo punto perché lo riteniamo sostanziale e perché i preconcetti attorno all'affido condiviso ancora si basano, si ancorano, sul concetto superato di "unicità del contesto abitativo". Prima della riforma si riteneva nell'interesse del bambino il preservare questa unicità in virtù dell'attaccamento al luogo, al nido, come unico ambiente degli affetti, delle abitudini di vita, della rete di relazioni, del concetto stesso di stabilità, (es. la sua cameretta, lo spazio dei giochi, il luogo di frequentazione con i compagni di scuola o con gli amici, il senso di sicurezza proprio dell'ambiente familiare, ecc...) a costo di ridurre la frequentazione con l'altra figura genitoriale.
Con la riforma, e quindi con il trascorrere del figlio in maniera significativa anche nella casa dell'altro genitore, si è voluto invertire l'importanza dei valori per il minore: si sacrifica l'unicità del contesto abitativo (diventano due le case) in favore di una maggiore frequentazione con l'altro genitore, il quale, da mero soggetto di diritto di visita, diventa genitore con pari dignità dell'altro, naturalmente sempre nell'interesse del minore.
Il Parlamento, quindi, ha fatto una scelta ben precisa (e costata più di un decennio di discussioni): lo sdoppiamento del nido viene considerato come il sacrificio da affrontare per il bene  - considerato maggiore e più importante - della presenza effettiva e concreta dei due genitori nella vita quotidiana del figlio.

Questa premessa era doverosa per arrivare al punto cruciale di questo articolo: la doppia residenza anagrafica. In un quadro come sopra descritto e in presenza di un equilibrio di tempi tra le due abitazioni, diventa sostanzialmente arbitrario definire la residenza anagrafica presso l'abitazione di uno dei due genitori. La semplice prevalenza matematica dei tempi (giorni) non dovrebbe essere il discrimine di fronte alla pari dignità dei due contesti abitativi. In Francia ad esempio, la doppia residenza esiste dal 2002, ed è stato un passo successivo all'introduzione dell'affidamento condiviso. E, badate bene, non parliamo di doppio domicilio, ma di doppia residenza, in quanto il domicilio non è amministrativamente rilevante, e la residenza dell'individuo ha una rilevaza sostanziale - non solo formale - ed ha ripercussioni sia giuridiche che pratiche importanti.

I motivi per i quali, secondo chi scrive, sarebbe auspicabile l'introduzione della doppia residenza anagrafica, anche senza attendere la nuova riforma dell'affido condiviso sono diversi:
- l’indirizzo di residenza è importante perché a tale indirizzo sono inviate tutte le notificazioni e le comunicazioni «ufficiali» inerenti la persona. Il fatto che il figlio sia residente presso l’uno o presso l’altro genitore può avere ripercussioni pratiche, concrete, importanti sull’esercizio quotidiano della potestà e dell’affidamento. In questo senso migliorerebbe nel concreto la comunicazione tra i due genitori affidatari, comunicazione che - come è facile intuire - non è sempre semplice, precisa e puntuale.
- l'accesso ad ogni forma di agevolazione, contributo, sovvenzione pubblica è legato alla composizione anagrafica della famiglia (cosiddetto «stato di famiglia»): l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), ad esempio, si calcola in base alla residenza anagrafica dei componenti della famiglia. Una doppia residenza del bambino permetterebbe la possibilità di agevolazioni economiche a entrambi i genitori, e quindi, indirettamente, maggiori vantaggi anche al figlio. Può sembrare una cosa di poco conto ma, se pensiamo alle fasce meno abbienti, avere accesso a contributi per l'affitto o alle case popolari per entrambi i genitori può rivestire un'importanza non trascurabile.
- Il riconoscimento formale della pari dignità dei due contesti abitativi diminuirebbe i contrasti tra i due genitori separati, riducendo le possibili strumentalizzazioni dell'uno e dell'altro, con evidente vantaggio di tutte le parti in gioco, in primo luogo, ovviamente, dei figli.
- L'intenzione del legislatore è chiara: la continuità affettiva è più importante della continuità abitativa. La doppia residenza non fa altro che ribadire quest'intenzione rinforzando il concetto della pari dignità del contesto abitativo.
- La doppia residenza fungerebbe da bussola per i giudici, ancora troppo legati al concetto pre-riforma di "genitore prevalente" e "domicilio principale". Il fatto che a tutt'oggi ci sia un indirizzo ufficiale per il bambino (la residenza presso un'abitazione) e che si continui a privilegiare nei tempi la permanenza del bambino presso quella casa hanno un rapporto di causa-effetto talmente fondante che le due cose arrivano a coincidere. I due indirizzi ufficiali dovrebbero servire a interrompere il circolo vizioso in considerazione del fatto che l'indirizzo "ufficiale" non esisterebbe più.
Avendo, con la doppia residenza, le due abitazioni pari dignità anche formale, i Tribunali dovrebbero cominciare a tenere conto dell'eventuale assegnazione della casa coniugale nella gestione dei rapporti economici tra i due genitori (= assegno perequativo mensile). L'articolo 155-quater  del Codice Civile come novellato dalla legge 54/2006 cita espressamente, infatti: "Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà." L'esperienza ci mostra quanto ciò a tutt'oggi non avvenga e quanto un bene dal valore economico (oltre che affettivo) enorme venga assegnato a una parte o all'altra senza nessun tipo di compensazione, con tutte le conseguenze che questo comporta, indirettamente, anche al minore.

Un Disegno di Legge sulla Doppia Residenza è stato presentato in Senato poco prima della fine della scorsa legislatura e di nuovo il primo giorno di quella attuale (DDL 43, 29/04/2008), sempre dal Senatore Peterlini (Südtiroler Volkspartei - Gruppo UDC-SVP-Autonomie).
Tale disegno di legge, che potete trovare per esteso qui, prevede che "In caso di separazione o di divorzio, i figli affidati ad entrambi i genitori e che trascorrono
periodi di uguale durata presso l’abitazione della madre e del padre hanno la doppia residenza anagrafica e, conseguentemente, l’iscrizione sia nello stato di famiglia anagrafico materno sia in quello paterno. Entrambi gli indirizzi di residenza sono indicati nelle certificazioni e nei documenti d’identita` del minore."
A parer nostro la previsione dell'uguale durata dei tempi trascorsi presso le due abitazioni come requisito per l'applicazione della disposizione rischia di diventare molto restrittiva - limitandola di fatto ad un numero esiguo di casi in quanto la prassi nei Tribunali è ancora purtroppo molto diversa - ma ci sembra comunque un ottimo principio.
Auspichiamo una semplice modifica della seconda riga in siffatta maniera:
"e che trascorrono periodi di tempo presso l’abitazione della madre e del padre sostanzialmente equilibrati".

La palla in Parlamento è lanciata. Alla politica e alla società civile il compito/dovere di raccoglierla.

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