23 novembre 2009

Il ruolo dei padri del terzo millennio: tra evoluzione sociale e immobilismo culturale



Dell'evoluzione della paternità e della scarsa percezione sociale di questo cambiamento abbiamo parlato anche in altro articolo. Quello che segnaliamo ora sono due riconoscimenti giuridici e scientifici che le cose stanno cambiando riguardo alla paternità: una ricerca sulla paternità e una nuova sentenza del Tribunale di Firenze sui congedi parentali.

Dal Corriere:
MILANO - Accompagnarli a scuola? Sa­rebbe bello se la riunione non cominciasse alle otto e mezza. Andare a vedere gli allenamenti di calcio o ascoltare i primi «Do» della lezione di pianoforte? Ma è vietato lasciare l’uffi­cio a metà pomeriggio. Almeno la sera si potrebbe giocare un po’ prima di ce­na? Impossibile se fino alle otto si resta chiusi in sala riunioni per il punto della giornata.


RITMI INCOCILIABILI - Padri e figli, scene quotidiane di inconciliabili­tà tra i ritmi di la­voro e quelli di una famiglia. Tut­to normale, o quasi. Perché adesso gli uomi­ni hanno voglia di cambiare e tra­scorrere più tem­po con i propri bambini. Lo affer­ma uno studio britannico realiz­zato dalla Equali­ty and Human Ri­ghts Commis­sion: il 54 per cento dei neopa­pà si dice insod­disfatto in quan­to non riesce a ve­dere abbastanza i figli e, in genera­le, il 62 per cento degli uomini sarebbe disposto a ridur­re l’orario d’ufficio per dedicarsi a loro. I papà in carriera si scoprono più scon­tenti delle mamme: solo il 46 per cento è convinto di trascorrere al lavoro un numero accettabile di ore, contro il 61 per cento delle donne.

IMMAGINE CHE CAMBIA - Una cosa è certa, l’immagine della pa­ternità sta cambiando. «Da almeno un quindicennio è in atto un mutamento culturale — afferma la sociologa Chiara Saraceno —. Gli uomini hanno capito che cosa si perdono nel delegare l’edu­cazione dei figli alle donne. Sono so­prattutto i giovani a rendersi conto che per essere un buon papà non basta esse­re un buon lavoratore: creare un rappor­to quotidiano con i bambini è il modo migliore per costruire un legame pro­fondo quando saranno adulti». [...]


La storica sentenza del Tribunale di Firenze:
Sì al congedo dei papà anche due mesi prima del parto

Da Repubblica:
FIRENZE - Cinque mesi di congedo di paternità due dei quali, se richiesto, anche precedenti alla nascita del figlio. La sezione lavoro del Tribunale di Firenze ha emesso una sentenza destinata a cambiare la vita delle famiglie che aspettano un bambino. Ma anche di quelle che lo hanno fatto da poco.

Fino ad ora infatti l'Inps riconosceva al padre la possibilità di restare a casa con l'80% dello stipendio per tre mesi, successivi al parto della compagna. Troppo poco, secondo il giudice, perché la legge dota quel genitore di un diritto autonomo e speculare a quello della madre. E allora se la lavoratrice può astenersi dal suo impiego per cinque mesi, in base alla cosiddetta maternità obbligatoria, avrà diritto a farlo anche il padre. L'uomo potrà ottenere tutto il periodo se la madre è casalinga, è in malattia oppure è una lavoratrice autonoma che non usufruisce del diritto all'astensione. Altrimenti prenderà un concedo che sommato a quello della compagna non può superare i cinque mesi.

Non solo. Il giudice fiorentino ha riconosciuto la possibilità di "andare in paternità" anche da un mese o due precedenti alla presunta data del parto, e di conseguenza per i quattro o tre successivi. La decisione parte da un cambiamento di principio dettato anche dalla Corte Costituzionale. Un tempo il periodo di maternità era pensato per salvaguardare la salute della madre. Adesso si intende anche come tutela di quella del bambino. E allora il ruolo del padre diventa fondamentale, anche se si è ancora in fase di gestazione. Aiutare la compagna incinta nell'ultimo periodo della gravidanza vuol dire anche occuparsi del nascituro.

A chiedere la decisione del giudice fiorentino, in questo caso il presidente della sezione lavoro Giampaolo Muntoni, è stata una coppia in cui la donna, lavoratrice autonoma e vicepresidente della Cna fiorentina, ha avuto una malattia importante. "Il Testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità - spiegano i legali della coppia, Leonardo Marconi e Claudio Gardelli - dispone che il padre lavoratore ha diritto ad astenersi dal suo impiego per tutta la durata del congedo di maternità. Di fatto però, anche in base ad interpretazioni successive, non è stato mai riconosciuto fino in fondo. Figurarsi che su un uomo va all'Inps per esercitare il diritto di flessibilità troverà solo moduli in cui è previsto un periodo di paternità di tre mesi. E l'Inps non protocolla documenti che non siano suoi moduli".

Adesso quelle carte dovranno essere cambiate. La sentenza farà giurisprudenza, da ora in avanti sarà un'arma a disposizione di quelle famiglie che non si vedranno riconoscere i 5 mesi di paternità. E non solo per loro. "Teoricamente - dicono sempre i due avvocati - anche chi nell'ultimo anno ha avuto un figlio potrà chiedere all'Inps di essere rimborsato per i mesi di congedo non goduti dal padre. Del resto è quanto è successo al nostro assistito e sua moglie, che hanno avuto una bambina nell'agosto del 2007".

Il video della notizia:

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